LA PEDAGOGIA NON E' UNA MODA
Dott.ssa Maria Valeria Napolitano — Pedagogista, Neuropedagogista in formazione e Formatrice
Centro Pedagogico Napolitano
In un momento storico in cui i temi legati al mondo dell'educazione fanno discutere e pongono interrogativi, la pedagogia rischia spesso di essere banalizzata, ridotta a un’etichetta da applicare a tutto ciò che riguarda bambini, emozioni e crescita personale. Sempre più spesso, figure non formate o prive di competenze scientifiche si appropriano del linguaggio pedagogico, trasformandolo in un marchio commerciale per proporre attività o percorsi che con la pedagogia hanno ben poco a che fare. Questa confusione genera un effetto pericoloso: la perdita di credibilità di una scienza che ha radici profonde, costruite sulla ricerca, sulla riflessione teorica e sulla responsabilità etica. La pedagogia è una scienza, non una moda.
Come ricordano diversi autori, la pedagogia è una scienza che si occupa della crescita e della formazione dell’ essere umano in tutte le sue dimensioni. Ogni intervento pedagogico autentico nasce da una progettazione consapevole, da una cornice teorica chiara e da un’osservazione sistematica della persona e del contesto. Il pedagogista non improvvisa, ma progetta, osserva, valuta e accompagna processi di crescita.
Non si limita a “fare”, ma dà senso all’azione attraverso un pensiero fondato su conoscenze scientifiche, sulla ricerca e sull’etica della cura.
Animazione o pedagogia?
Oggi si confonde troppo spesso l’animazione educativa con la pratica pedagogica.
L’animazione può essere uno strumento utile, ma solo se integrata in un percorso con obiettivi formativi chiari e finalità educative esplicite.
Quando l’attività si limita all’intrattenimento, anche se ben condotta, resta fine a sé stessa e non può essere definita pedagogica. Come affermava John Dewey, un’esperienza è davvero educativa solo se produce continuità e crescita. La pedagogia non è fare qualcosa di piacevole, ma costruire significato, sviluppare consapevolezza, accompagnare il cambiamento.
Ludoteche e spazi pedagogici: una distinzione necessaria
È importante chiarire la differenza tra ludoteche e spazi pedagogici professionali.
Le ludoteche hanno una funzione ludico-ricreativa: sono luoghi di socializzazione e gioco libero, preziosi nel favorire l’incontro e la convivialità, ma non nascono con finalità educative intenzionali. Gli spazi pedagogici, invece, si fondano su una progettazione metodologica, su obiettivi formativi e su un lavoro di osservazione e documentazione che accompagna i processi evolutivi dei bambini e delle famiglie.
Un centro pedagogico è un ambiente di ricerca e accompagnamento, non di intrattenimento: è il luogo dove si promuove la crescita consapevole, l’autonomia, la competenza emotiva, le abilità sociali e la riflessione educativa. In questo senso, il pedagogista non è un animatore, ma un professionista che costruisce percorsi di senso, sostenendo lo sviluppo globale della persona e del contesto.
Il rischio di perdere l’identità professionale
Purtroppo, in un contesto culturale che spesso non riconosce pienamente il valore della pedagogia, molti pedagogisti si ritrovano a ricoprire ruoli impropri, diventando animatori o promotori di eventi per poter mantenere un ruolo lavorativo.
Questo rappresenta una ferita identitaria per la nostra professione. Quando il pedagogista si limita ad essere semplice intrattenitore, si annulla la portata scientifica, etica e trasformativa del suo lavoro. Difendere la pedagogia significa difendere la sua identità epistemologica e riaffermare il suo ruolo di guida nei processi educativi, formativi e relazionali.
In un’epoca in cui la comunicazione digitale ha amplificato ogni voce, è fondamentale invitare chi si avvicina al mondo della pedagogia a riflettere con senso critico. Non tutto ciò che appare “pedagogico” sui social lo è davvero. Diffidate dei profili che vantano migliaia di followers ma non mostrano chiarezza, competenza e coerenza scientifica. Non lasciatevi affascinare da slogan accattivanti o da contenuti emotivamente coinvolgenti senza verificarne le basi teoriche. Informatevi, chiedete, approfondite. Assicuratevi che dietro ogni professionista ci sia concretezza, etica e onestà intellettuale. E ricordate: purtroppo, a volte, nemmeno un titolo di studio è garanzia sufficiente se non è accompagnato da un percorso di formazione continua e da un’autentica dedizione alla persona.
Competenza, rete e responsabilità
Essere pedagogisti significa assumersi una responsabilità doppia: verso le persone e verso la scienza che rappresentiamo.
La competenza non è mai un fatto individuale, ma relazionale.
Il lavoro pedagogico, per sua natura, si fonda sul dialogo tra saperi: psicologi, neuropsichiatri, logopedisti, terapisti, insegnanti.
La collaborazione tra professionisti non solo arricchisce la prospettiva, ma protegge la persona presa in carico, evitando visioni parziali o interventi isolati. La cura è una forma di sapere condiviso. La pedagogia, in questo senso, crea ponti: tra teorie e pratiche, tra professioni e famiglie, tra ricerca e vita quotidiana. Ed è proprio questo un tratto distintivo del Centro Pedagogico Napolitano: il lavoro d’équipe e di rete, l’avvalersi di altri saperi e di altre scienze come fondamento del nostro agire professionale. Sul territorio valtellinese, il Centro si caratterizza per un approccio multidisciplinare, capace di integrare punti di vista diversi in una visione unitaria della persona e del suo benessere. Perché la pedagogia, quando è viva, non si chiude in sé stessa, ma si apre, dialoga e costruisce ponti. Difendere la pedagogia significa difendere la sua serietà, la sua complessità e la sua forza trasformativa. Significa ricordare che dietro ogni intervento pedagogico c’è un lavoro di pensiero, un’etica della cura e una responsabilità verso la crescita dell’essere umano.
La pedagogia non è una moda: è una scienza viva, che merita rispetto, riconoscimento e competenza.