di Dott.ssa Maria Valeria Napolitano, pedagogista, formatrice e fondatrice del Centro Pedagogico Napolitano
Nel lavoro quotidiano del nostro Centro incontriamo genitori che portano con sé domande vive, oneste, spesso nate dalla fatica di crescere insieme ai propri figli. Sono interrogativi che attraversano tutte le case, al di là delle storie specifiche, e che raccontano di un amore che cerca direzione:
“Devo punirlo o lasciar correre?”
“Se non lo punisco, penserà di poter fare tutto?”
“E se lo punisco poi mi rifiuterà?”
“Non so più qual è la cosa giusta…”
Queste domande non sono segni di fragilità. Sono, piuttosto, la porta d’ingresso di ogni percorso educativo autentico. È da lì che inizia il lavoro: dall’incertezza che domanda senso, dalla fatica che chiede una forma, dal desiderio di fare bene.
Di recente ho incontrato una coppia che incarnava con grande sincerità questa tensione. La mamma, con una stanchezza colma d’amore, mi ha detto:
“Io non voglio punirlo… ma non so più come farmi ascoltare.”
Il papà, con le mani intrecciate, ha aggiunto:
“Se non mettiamo un limite, chi glielo farà capire? Però poi lo vedo disperato e mi sento un mostro…”
In quelle parole non c’era nulla di sbagliato. C’era solo un amore che cercava equilibrio, come accade a tanti. Il bivio apparente sembrava lo stesso che molti vivono: punire o lasciar correre. Ma l’educazione gentile ci invita a cercare una terza via: quella della relazione, della responsabilità, e della riparazione.
Il castigo può sembrare efficace nell’immediato: interrompe un comportamento, crea un’apparente obbedienza. Ma ciò che produce nel cuore e nella mente del bambino è ben diverso.
I castighi:
creano distanza
generano paura invece che responsabilità
zittiscono, ma non educano
minano la fiducia
confondono l’errore con il valore personale
Un bambino punito impara a temere l’adulto, non a comprendere l’errore. Impara a difendersi, non a riparare. Impara a evitare la punizione, non a maturare. Per questo, nel tempo, i castighi non costruiscono competenze emotive né relazionali. Costruiscono solo paura e silenzio.
Le conseguenze educative non sono un “così impari”. Non sono strumenti di controllo o di coercizione. Sono esperienze logiche, collegate al comportamento, spiegate, accompagnate e vissute all’interno di una relazione regolata.
Hanno un obiettivo diverso: aiutare il bambino a chiedersi
“Come posso rimediare?”
e non
“Cosa mi succederà ora?”
È una differenza enorme. La conseguenza educativa costruisce riflessione, responsabilità, capacità di riparare.
Il castigo, invece, costruisce paura e sottomissione.
L’autorevolezza non ha nulla a che vedere con l’autoritarismo. Nella Grecia antica, il kybernetes era il timoniere: colui che, nel mezzo della tempesta, non urlava contro il mare ma manteneva la rotta, con calma e fermezza.
Il genitore autorevole è questo:
saldo
chiaro
presente
emotivamente regolato
Non schiaccia, non umilia, non minaccia. Accompagna, contiene, guida. È una forza calma, non una forza che travolge.
Un bambino che si sente accolto anche nei suoi errori può riconoscerli, parlarne, chiedere aiuto, riparare.
La fiducia nasce da un messaggio semplice e potentissimo:
“Anche quando fai fatica, io ci sono.”
La paura piega.
La fiducia costruisce.
L’emotività dell’adulto: il vero campo educativo
Prima di ogni regola, strategia o limite, esiste una domanda decisiva:
“In che stato emotivo sono quando intervengo?”
Perché:
l’adulto arrabbiato punisce
l’adulto ferito reagisce
l’adulto stanco si irrigidisce
l’adulto regolato educa
Regolare le proprie emozioni non significa essere perfetti. Significa proteggere la relazione. Significa dire “no” senza ferire.
Significa mettere un limite senza spezzare.
Ogni errore contiene un ponte. Ogni inciampo è un invito a ricostruire. La riparazione non è aggiustare qualcosa di rotto: è ricostruire senso.
È un gesto che educa più di qualunque punizione.
Frasi come:
“Rifacciamo insieme.”
“Guardiamo cosa è successo.”
“Come possiamo sistemare?”
“Non sei solo.”
creano un terreno emotivo in cui il bambino può crescere davvero.
Essere porto sicuro non significa essere sempre morbidi. Significa essere affidabili. Significa dire:
“Basta”, ma con rispetto
“No”, ma con presenza
“Sono qui”, ma con coerenza
Il bambino cresce forte quando percepisce che l’adulto non si ritira, nemmeno nel conflitto.
Una via educativa che unisce fermezza e dolcezza
I genitori non cercano ricette. Cercano senso, direzione, un modo per sentirsi solidi senza essere duri, accoglienti senza essere permissivi.
L’educazione non nasce dalla paura ma dalla:
fiducia
coerenza
calma
relazione
riparazione
autorevolezza
Non è una scelta tra castigo e permissività. È una strada più lenta, più profonda, più umana: la strada dell’amore che educa.